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Lazio,
segnalazioni
di oro in questa regione, zona Monte Landra/lago di Bolsena |
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Pagina che
consiste nel risultato di un dialogo che ho avuto
col sig. E.
Bellocchi, il quale mi ha inviato, espressamente per
il Sito, la sua presente approfondita (e colta) analisi sulla
mineralogia locale (territorio di Monte Landra e dintorni): per l'occasione
riporto esattamente il testo
dell'e-mail
ricevuta. |
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<< Ho visto che
hai inserito sul sito la
notizia che ti avevo dato.
A quella
mineralizzazione si era interessata la Società Mercurifera Monte Amiata
negli anni del dopoguerra, in un contesto di ricerche sul territorio,
volte allo studio di possibili giacimenti da sfruttare, tra cui il
manganese nella zona di Bagnoregio ed il caolino nella piana di Latera.
Della
presenza di quell'oro solo alcuni ne erano a conoscenza, e la gente
comune era convinta si trattasse di pirite
gialla. Mi ricordo
bene come era l'affioramento negli anni 60, quando ero bambino: era su
un ramo di una strada antica che guadava un fosso. Poi venne il
progresso ed il guado venne sostituito da un piccolo ponte, tuttora
presente. Quella fu la fine: seguendo l'andazzo dei tempi, il posto,
facilmente raggiungibile dalla strada principale, divenne una discarica
abusiva, anche se il concetto di abusivo in quei tempi era molto
relativo, e sopra il banco roccioso vennero deposti rifiuti di ogni
genere che ovviamente alzarono il livello del suolo.
In seguito fu
vietato gettare rifiuti, ma intanto sul suolo era cresciuta una fitta
selva di rovi e, sotto di essa, rimase la roccia aurifera.
Quando c'era
il guado, io andavo su quella colata lavica con la piccozzetta e
staccavo pezzi di quella roccia tefritica violacea con cristallini
bianchi sferici di zeolite e neri lucenti; alcuni di quei pezzi,
mi ricordo come fosse ieri, avevano delle scagliette lunghe qualche mm.
regolari, di lucentezza metallica e giallo schietto, pulito, molto
nitido, come se ci fossero aghetti gialli spezzati e distribuiti
uniformemente nella roccia quando era ancora fusa.
Io portavo a
casa questi campioni, facevo le elementari e portavo a casa tutte le
rocce che avevano qualche particolarità: mercurio,
ferro, cocci etruschi, romani, residuati bellici, tutto ciò che
catturava la mia attenzione durante i giri nel territorio paesano.
A fine
vacanze, i miei genitori tornavano a Verona dove si erano trasferiti
all'epoca, ed un giorno mia madre buttò via tutto perché, a suo dire,
i sassi impolveravano l'appartamento.
Quei campioni
di roccia aurifera finirono in qualche cassonetto dei rifiuti di un
quartiere di Verona, insieme ad altri minerali, fossili e pezzi
archeologici. L'impressione
che ne ho adesso è che quell'oro non sia affiorato dopo l'evento
vulcanico (nota: nel sito c'è anche una pagina
sui vulcani), per deposizione di fluidi endogeni nella fase di termalismo,
ma che sia venuto in superficie trasportato dal flusso lavico stesso. |
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Senza
voler smentire le accorte analisi di cui sopra, ma solo per esser
precisi ed evitare malintesi o troppo facili entusiasmi fra cercatori,
è bene far presente che la mineralizzazione di Monte Landra fu già nei tempi
oggetto di studio perché nelle rocce vulcaniche s'individuarono varie lamelle di Bronzite (o Diallagio metalloide) di color giallo
bronzeo, che da sempre la gente del posto credeva oro. Esiste anche letteratura al
riguardo, di fine millennio, posseduta in copia dal Museo Storico dell’Oro
Italiano. |
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C'è un'altra
cosa poi che ti voglio dire, non so se abbia a che fare con l'oro, ma
non è escluso. Conosco bene
un altro posto nel comprensorio orvietano, dove ci sono interessanti
mineralizzazioni. Qui l'ambiente è geologicamente differente: siamo in
una zona al margine dell'apparato vulcanico volsino, anzi, direi
di poco esterna ad esso. Siamo nella zona delle serie liguridi,
marne in rilievi bassi calanchivi, molto aspri, in presenza
di calcari metamorfosati per il
contatto con masse magmatiche, esalazioni gassose e sorgenti ipotermali
fortemente mineralizzate. Il sito è allo sbocco di una valle percorsa
da un fiume a regime torrentizio che nel tratto superiore separa a
destra (sud) le ultimi propaggini dell'altopiano vulcanico volsino,
e a sinistra (nord) una serie di rilievi marnosi che
costituiscono un pilastro tettonico che separa i due graben che
costituiscono la Val di Paglia ad ovest e la Val di Chiana a est. |
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Il tratto di
fiume in oggetto è il percorso in senso E-W del fiume Paglia, il lato
orientale all'uscita della valle. In quel tratto il fiume attraversa una
zona fortemente perturbata, che è stata interessata in un remoto
passato da un cataclisma che deve avere sconquassato le sequenze
stratigrafiche. Le rocce qua
hanno vistosi affioramenti di feldspati (ortoclasio o sanidino, dunque
siamo estranei all'ambiente geochimico del sistema volsino (monti
Volsini), dove il silicato
caratterizzante è il feldspatoide "leucite"). Ci sono degli evidenti
segni di ferrettizzazione e superfici con tipiche venature da
metamorfismo ricoperte di aggregati mammellonari di ematite.
Sono presenti
dei grandi blocchi magmatici completamente differenti da quelli volsini:
io li ho assimilati a magmatismo di tipo toscano o ibrido, da lave
viscose che forse non sono nemmeno affiorate in superficie. La tesi che
ho, l'idea che me ne sono fatto, anzi, la mia ipotesi, è che si possa
trattare di uno sporadico affioramento riconducibile al sistema di Torre
Alfina, dunque di poco anteriore al sistema volsino; praticamente
una sorta di bocca eruttiva "abortita", cioè un flusso lavico
stava per fuoriuscire lì, ma deve aver preso un'altra strada.
Sempre da
bambino, in quel sito ho rinvenuto parecchie rocce con incrostazioni
minerali, e patine microcristalline con lucentezza spiccatamente
metallica.
In qualcuno
di questi ricordo bene di aver riconosciuto delle zonature
microcristalline gialle lucenti. A pensarci
bene avrebbero benissimo potuto trattarsi di oro, ma non ne ho la stessa
certezza che ho nel primo posto di cui ti ho parlato. Si tratta
comunque di metalli da deposizione idrotermale. E' presente
anche un grande ammasso all'apparenza fortemente metamorfosato da
contatto, con striature alabastrine e cristallizzazioni calcitiche o
aragonitiche, alcune delle quali in geodi. Non ne ho la
certezza che in questo caso si tratti di oro, comunque una cosa è
certa: microcristallizzazioni con lucentezza metallica gialla pulita. Conosco molto
bene questo sito anche se è da due anni che non ci vado. Mi è stato
riferito che lo scorso inverno le piene del fiume hanno modificato molto
il rilievo e, dove una volta si scendeva, oggi c'è una parete erosa quasi
strapiombante e instabile: è però sempre
possibile passare dalla sponda opposta, guadando il fiume (chiaramente
nei mesi estivi, perché le piene invernali travolgono ogni cosa).
In ogni caso
la prossima estate tornerò come usuale a casa mia e mi recherò
senz'altro a Ponte San Pietro e a
Scansano perché mi servono campioni di cinabro e antimonio per fare lezioni a scuola.
Andrò a prenderli alle classiche Zolfiere di Scansano e a Cerreto Piano,
posti questi ultimi nei quali non
sono mai stato, ma conosco la strada. >>
Edoardo Bellocchi |
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